Il ripetersi con elevata frequenza di frane, inondazioni, eventi sismici e alluvionali sempre più imprevedibili evidenzia la necessità di porre una maggiore attenzione ai rischi naturali e alle loro conseguenze dirette. Nel nostro paese i cambiamenti climatici colpiscono in maniera ancora più intensa a causa della cementificazione selvaggia, dell’abusivismo e della mancanza di controlli adeguati.
Nulla di nuovo, certo. Solo che continuando a far finta di non vedere il problema e di rimandare siamo arrivati al punto di non ritorno, come è accaduto ad esempio a Genova lo scorso 9 ottobre. La mancanza di qualsiasi strategia di prevenzione ha un evidente impatto sociale, che si traduce in un forte risvolto economico, che mostra emblematicamente come occorra passare dalla “gestione” al “governo” dei rischi. L’intervento pubblico a copertura ex post dei danni catastrofali, oltre alle inevitabili complicazioni burocratiche, alla lentezza degli indennizzi, agli sprechi e a fenomeni di illegalità, ha come conseguenza il disincentivo alla copertura assicurativa per i proprietari di case e aziende.
Le catastrofi naturali hanno impatti diversificati, che vanno dalla gestione dei danni causati ai beni all’interruzione dei servizi e delle attività economiche. Da qui la necessità di avere una polizza, che però in molti casi non c’è. Non c’è perché assicurare un immobile in alcune località italiane vorrebbe dire assumere un rischio certo, e quindi solo le aziende, grazie all’intervento del broker, riescono ad acquistarla, mentre i cittadini che volessero tutelare la propria casa dovrebbero pagare premi elevatissimi. In Italia 28 milioni di persone risiedono in zone considerate a forte rischio ma, nonostante ciò, il nostro è l’unico, tra i Paesi più sviluppati del mondo, a non avere ancora una legislazione che preveda una soluzione condivisa in caso di eventi catastrofali, soluzione che già hanno attuato fuori dai nostri confini. La Francia, ad esempio, che per collocazione geografica e natura territoriale è molto simile all’Italia, fin dall’inizio degli anni 80 aveva in dotazione fondi per la gestione di eventi straordinari. Ma dal 1982 ha adottato una normativa con cui ha obbligato i privati e le imprese a contrarre polizze contenenti la garanzia relativa agli eventi naturali, esempio che è stato seguito da altri paesi, come la Norvegia e gli Stati Uniti. La soluzione migliore è quella di introdurre anche in Italia un sistema misto pubblico-privato contro le calamità naturali, che preveda l’intervento dello Stato al fianco delle assicurazioni private. Così facendo il patrimonio pubblico non dovrebbe più fare i conti con i pesanti esborsi senza copertura in bilancio, e i cittadini e le aziende beneficerebbero di indennizzi più equi e rapidi. Con questo sistema misto, lo Stato coprirebbe una percentuale del danno subito e il resto sarebbe coperto dalle polizze private obbligatorie dei proprietari. Il problema è che l’obbligatorietà delle coperture assicurative, che sicuramente avrebbe meriti e vantaggi, viene vista in Italia come un’ulteriore tassa a danno delle abitazioni e delle famiglie. Sta di fatto che ad oggi meno del 2% delle abitazioni italiane è assicurato.